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La leggenda di Ochi (2025) - Recensione del film
La leggenda di Ochi, 2025.
Diretto da Isaiah Saxon.
Con Helena Zengel, Finn Wolfhard, Willem Dafoe, Emily Watson, Razvan Stoica, Carol Bors, David Andrei Baltatu, Andrei Antoniu Anghel, Eduard Mihail Oancea, Tomas Otto Ghela, Eduard Ionut Cucu e Stefan Burlacu.
SINOSSI:
In un villaggio remoto sull’isola della Carpathia, una ragazza timida cresce nel timore di una specie animale sfuggente conosciuta come ochi. Ma quando scopre un cucciolo di ochi ferito abbandonato, fugge in un’epica missione per riportarlo a casa.
L’autore e regista Isaiah Saxon ha dichiarato che con La leggenda di Ochi desiderava realizzare un film per bambini che non si svolgesse all’interno di un giardino di un gigante corporativo. Un film che richiamasse gli anni ’80 o ’90, senza dipendere da proprietà intellettuali o dagli stereotipi del cinema blockbuster moderno.
Ce l’ha fatta con questa fiaba dell’Est Europa, ricca di quella forma di burattineria e dipinti pastello che sono stati progressivamente sostituiti da creature e immagini generate su un hard disk. Il problema è che, seppur l’artigianato affascinante lo eleva rispetto alla concorrenza, La leggenda di Ochi manca ancora di quel cuore e quell’anima spesso assenti dalla produzione per bambini patinata a cui si tenta di distanziarsi.
Sarebbe dovuto essere radicato nel rapporto tra Yuri, interpretato da Helena Zengel, e il titolare Ochi, un adorabile chimera che ricorda un po’ Gizmo, un po’ Grogu, completato dall’attitudine di una scimmia come Ross Geller. La loro unione sembra uscita dalle pagine della sceneggiatura di E.T. di Melissa Matheson, con un’organizzazione armata che costringe l’abbandono di questo strano mostro, solo per vederlo finire nelle cure di un bambino di una famiglia monoparentale spezzata.
Non c’è niente di sbagliato in questo. Il film di Spielberg ha echeggiato attraverso i decenni, ma quella chimica residua tra la creatura fraintesa e il bambino è il limite del paragone. Ochi, oltre ad essere un magnifico esempio di burattineria, sembra non avere mai un legame abbastanza forte con Yuri da suscitare coinvolgimento, quando arrivano i momenti emotivi più importanti verso la fine del film.
È un viaggio freddo, volutamente così per quanto riguarda i personaggi umani, che vivono in un mondo di paranoia mitica, diffidenti delle creature del bosco e tra loro stessi. Tra quelli che si conoscono brevemente ci sono il fratello tormentato di Finn Wolfhard e il cacciatore di mostri militante interpretato da Willem Dafoe, entrambi che attraversano il paesaggio desolato come se fossero protagonisti di un’avventura di Terry Gilliam. Anche Emily Watson, sempre simpatica, compare nei panni di un tipo alla Tom Bombadil che Yuri incontra lungo il cammino. Ma nessuno di loro risulta particolarmente interessante.
Anche se il film non riesce a infondere cuore, ci sono numerosi momenti che fanno impallidire film con un budget dieci volte superiore a quello di Ochi. La lavorazione delle creature è incredibile, dai minuscoli bruchi blu fino agli anziani Ochi di dimensioni simianiche. Rievoca la straordinaria costruzione del mondo di La cruna dell’ago oscuro, un film dal tono cupo simile, condividendo un’atmosfera malinconica. C’è una sequenza in cui Yuri e Ochi arrivano finalmente a destinazione, una gigantesca caverna punteggiata di vegetazione e muschio, che sembra uno sfondo di Studio Ghibli ingrandito. È mozzafiato.
I bambini resteranno incantati, ma anche un po’ confusi, mentre gli adulti avvertiranno il desiderio di scoprire le fiabe che si celano nel tessuto di La leggenda di Ochi, piuttosto che nel film stesso, che si rivela sorprendentemente privo di magia, se non per l’eccezionale artigianato visibile.
Voto Flickering Myth – Film ★ ★ / Film ★ ★
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