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Recensione del 61° Festival Internazionale del Cinema di Chicago – The Mastermind (2025)
The Mastermind, 2025.
Scritto e diretto da Kelly Reichardt.
Con Josh O’Connor, Alana Haim, John Magaro, Hope Davis, Bill Camp, Gaby Hoffmann, Amanda Plummer, Eli Gelb, Cole Doman, Javion Allen, Matthew Maher, Rhenzy Feliz, Juan Carlos Hernández, Jean Zarzour, D.J. Stroud, Ryan Homchick, Sterling Thompson, Jasper Thompson, Margot Anderson-Song, Katie Hubbard, Barry Mulholland, Alexis Nicole Neuenschwander e Reighan Bean.
SINOSSI:
In un angolo tranquillo del Massachusetts intorno al 1970, un carpentiere disoccupato diventato ladro d’arte dilettante pianifica il suo primo grande colpo. Quando le cose vanno storte, la sua vita si disfa.
Con le proteste contro la guerra del Vietnam che si diffondono per le strade e in tutte le radio, l’uomo di famiglia JB Mooney (Josh O’Connor) si è in qualche modo ritirato dalla loro presenza, inseguendo la prospettiva di diventare un delinquente di professione competente in grado di provvedere per la moglie Terri (Alana Haim) e i due ragazzi piccoli (interpretati da Sterling e Jasper Thompson) nell’interpretazione della criminalità andata storta, divertente e sovversiva, dell’autrice/regista Kelly Reichardt, The Mastermind.
Considerando il prologo, in cui JB scippa furtivamente un soldatino giocattolo dal museo e riesce a uscire dalla porta principale con esso senza suscitare sospetti, c’è ragione di credere che potrebbe alzare il livello. Tuttavia, è anche spericolato fino all’eccesso, restio a fare controlli adeguati sul passato della squadra che ha messo insieme per assicurarsi che siano affidabili. Anzi, dimentica che i suoi figli hanno il giorno di scuola libero proprio nel momento in cui pianifica il grande colpo, che coinvolge un gruppo di dipinti dello stesso museo.
Non sorprende che il colpo conseguente, sebbene inizialmente riuscito, non sia privo di momenti disastrosi che finiscono per portare la polizia alla porta della famiglia Mooney. E se quella sequenza del furto è indubbiamente una delle più divertenti che Kelly Reichardt abbia costruito nella sua carriera (la colonna sonora vivace e ritmata di Rob Mazurek fa molto, dando al film un impulso energetico rispetto ai suoi momenti più tipici, asciutti e glacialmente lenti di osservazione), non è però di questo che parla il film, ed è un bene così.
Tagliato fuori dalla famiglia e in fuga, JB spera di rivederli un giorno, chiamando spesso a casa quando può. Naturalmente, Terri non vuole più vederlo e certamente non vuole che parli con i ragazzi. Non è solo che JB è incompetente; è anche irresponsabile, con le priorità completamente fuori posto. È un tipo che ha assicurato al suo gruppo che tutto si sarebbe risolto, apparentemente perché pensa troppo bene di sé e non riesce a rendersi conto che, primo, non è affatto un genio criminale, e che le cose non andranno bene. Questo permette a Josh O’Connor di dare una performance silenziosamente desolata, ma anche in qualche modo sottilmente narcisistica. Il finale, sinistramente divertente, rende bene questo concetto, collegando il contesto politico di sfondo alla narrazione e offrendo una conclusione tematicamente soddisfacente.
Per quanto sia compulsivamente guardabile seguire JB mentre si aggira, rincontra amici perduti e cerca disperatamente una via d’uscita dalla sua disperata situazione di caccia all’uomo, The Mastermind è anche l’ennesimo film di Kelly Reichardt. Si sofferma su scene di compiti quotidiani per un tempo eccessivamente lungo, aggiungendo poco o nulla alla caratterizzazione. Dura 110 minuti e avrebbe potuto essere di circa 90 senza perdere nulla di valore. Fortunatamente, la performance di Josh O’Connor è sufficiente a tenere insieme il tutto. Lontano dall’essere un capolavoro, funziona come un leggero intrattenimento da commedia degli errori, incentrato su un criminale egocentrico e fallito.
Valutazione di Flickering Myth – Film: ★ ★ ★ / Pellicola: ★ ★ ★
Robert Kojder
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