Recensione del film – No Other Choice (2025)

Recensione del film – No Other Choice (2025)

      Nessuna altra scelta, 2025.

      Regia di Park Chan-wook.

      Con Lee Byung-hun, Son Ye-jin, Park Hee-soon, Lee Sung-min, Yeom Hye-ran, Cha Seung-won, Kim Woo-seung, Choi So-yul, Kim Hyeong-mook, Woo Jeong-won, Yoo Yeon-seok, Yoon Ga-i, Oh Dal-su, Lee Suk-hyeong, Oh Kwang-rok, Lee Yong-nyeo, Kim Hae-sook, Im Tae-poong, Nam Jin-bok e Ahn Hyun-ho.

      SINOSSI:

      Dopo essere rimasto disoccupato per diversi anni, un uomo escogita un piano singolare per assicurarsi un nuovo lavoro: eliminare la concorrenza.

      Man-soo (Lee Byung-hun) ce l'ha tutto: una vita familiare idilliaca e una casa con la moglie Mi-ri (Son Ye-jin), due bambini piccoli e due cani, provvedendo a tutti grazie a un ruolo stabile in un'azienda specializzata nella produzione di carta. Beh, una di queste cose viene meno nel nuovo film del leggendario regista sudcoreano Park Chan-wook (che finora non ha fatto nulla di meno che straordinario, spesso immergendosi molto più a fondo nelle complessità psicologiche delle sue esperienze talvolta iper-violente e tortuose), mettendo in pericolo tutto il resto nella vita di Man-soo, che cade come tessere del domino in No Other Choice, realizzato in collaborazione con gli sceneggiatori Lee Kyoung-mi, Jahye Lee e Don McKellar, e basato sul romanzo The Ax di Donald E. Westlake.

      O almeno è così che Man-soo proietta la situazione, ritenendo di non avere altra scelta che ricorrere a mezzi violenti per riottenere un impiego. Con un crollo leggendario lungo la strada, alimentato dal comportamento, dalle ansie e dai problemi dei suoi concorrenti licenziati, comincia a immischiarsi per sbarazzarsene. Per quanto sia sadicamente emozionante e astutamente divertente vedere questo psicopatico sull'orlo della resa pasticciare i suoi piani e uccidere chiunque abbia le sue stesse qualifiche professionali (ormai non rimangono molti produttori di carta specializzata), è anche uno sguardo cupamente esilarante sui limiti a cui gli uomini arrivano per evitare di affrontare le reali paure e le emozioni di inadeguatezza derivanti dall'essere senza lavoro, dal sentirsi emasculati per l'incapacità di provvedere.

      A un certo punto del film, una moglie dice al marito che il problema non è che non riescano a trovare lavoro, ma il modo in cui affrontano la disoccupazione. Questa è No Other Choice in poche parole, portato all'assurdo, scritto con tagliente precisione, diabolico e ricco di temi: il senso del giusto e dello sbagliato di Man-soo si deteriora generalmente, mentre a volte assume una facciata ipocrita per proteggere la sua famiglia e il figlio maggiore da una strada di crimini minori. Sì, è un rompicapo su un elaborato piano per nascondere una serie di omicidi a delle autorità locali un po' tontolone, ma è anche un'indagine labirintica sulla mentalità di un capofamiglia che perde la testa quando perde la propria rete di sicurezza, soprattutto in un'epoca come questa con sempre meno posti di lavoro. È vero, ci sono un paio di problemi di ritmo (alcuni passaggi che riguardano le sue vittime durano più a lungo di altri), ma a difesa del film, le storie enfatizzate hanno sempre un impatto sullo stato mentale e sulle azioni di Man-soo.

      No Other Choice è anche girato in modo stupefacente (grazie al direttore della fotografia Kim Woo-hyung), spesso usando dissolvenze e transizioni che rispecchiano e giustappongono i comportamenti dei personaggi, o tocchi visivi innovativi come l'installazione di una telecamera in luoghi insoliti. Ugualmente ipnotica è la colonna sonora di Cho Young-wuk, anche se una delle sequenze più intense e concepite in modo avvincente si verifica durante un confronto a tre, con una pistola e la musica così forte che persino i sottotitoli cambiano stile per rifletterlo. È una di quelle scene travolgenti di cinematografia dinamica e azione (sebbene qui molto meno violenta) che lasciano la sensazione di levitare mentre si guarda un thriller di Park Chan-wook.

      Naturalmente, No Other Choice è un film dei nostri tempi, con un finale cupo e depressivamente realistico. Man-soo è comprensibilmente una figura empatica, considerati gli eventi recenti (ed è anche interpretato brillantemente da Lee Byung-hun, che offre una prova conflittuale di rabbia controllata, amarezza, gelosia, paranoia e commedia nera), ma rappresenta qualcosa di molto più credibilmente cinico. Inoltre ci sono strati nel film che indubbiamente genereranno lunghi saggi di approfondimento, come una verità marcia che comincia a infettare Man-soo man mano che il suo complottare fuori controllo si svolge. A quanto pare, per Park Chan-wook l'unica scelta è fare grandi film, senza mai accontentarsi di meno.

      Valutazione Flickering Myth – Film: ★ ★ ★ ★ / Pellicola: ★ ★ ★ ★

      Robert Kojder

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