Recensione del film – Nouvelle Vague (2025)
Nouvelle Vague, 2025.
Regia di Richard Linklater.
Con Zoey Deutch, Guillaume Marbeck, Aubry Dullin, Alix Bénézech, Paolo Luka Noé, Tom Novembre, Jade Phan-Gia, Nicolas Dozol, Jean-Jacques Le Vessier, Bruno Dreyfürst, Adrien Rouyard, Jodie Ruth-Forest, Matthieu Penchinat, Laurent Mothe, Jonas Marmy, Benjamin Cléry, Côme Thieulin, Roxane Rivière, Niko Ravel, Antoine Besson Blaise Pettebone, Pauline Belle, Léa Luce Busato e Benoît Bouthors.
SINOSSI:
Dopo aver scritto per Cahiers du cinéma, il giovane Godard decide che fare film è la migliore critica cinematografica. Riesce a convincere Beauregard a finanziare un lungometraggio a basso budget, elaborando un soggetto con Truffaut su una coppia di gangster.
La prospettiva di un film in bianco e nero che segua la produzione del primo lungometraggio del critico cinematografico Jean-Luc Godard, Fino all'ultimo respiro, appare, è vero, come un progetto di vanità autoreferenziale e pomposo, anche con uno dei grandi, Richard Linklater, alla regia.
Ciò rende ancora più piacevole constatare che il risultato è tutt'altro. Nouvelle Vague (che fa riferimento alla Nouvelle Vague francese del cinema degli anni Sessanta/Settanta, luogo in cui oltre 100 artisti oggi celebrati hanno ottenuto il loro grande successo) è, in una parola, divertente. Spesso sembra di guardare The Disaster Artist, solo che questa volta il genio folle dietro la macchina da presa, che infrange tutte le regole del cinema, sfida ogni preoccupazione, obiezione e critica di chi gli sta intorno (produttori e membri del cast) per finire per realizzare ciò che oggi è considerato un capolavoro e un pilastro del movimento della Nouvelle Vague.
In un certo senso è un film su Jean-Luc Godard che dimostra una comprensione acuta di quelle tecniche cinematografiche trasgressive e dell'insistenza nel catturare l'arte nella sua espressione più pura, attraverso una regia tagliente, vivace e senza fronzoli di Richard Linklater (innalzata, senza dubbio, dalla sceneggiatura di Holly Gent, Vincent Palmo Jr. e Michèle Pétin, basata su un adattamento di Laetitia Masson).
Questo permette anche una struttura scattante in cui ogni giorno di riprese costuma a evidenziare un tic unico e bizzarro di Jean-Luc Godard (qui interpretato da Guillaume Marbeck), come inventare battute sul momento (anche se esisteva una storia essenziale su una coppia di rapinatori concepita da lui e François Truffaut, qui interpretato da Adrien Rouyard) e tenere i suoi attori (con Zoey Deutch nei panni di Jean Seberg in cerca di un progetto fuori da Hollywood, Aubry Dullin nei panni di Jean-Paul Belmondo, che sarebbe diventato una star pur non credendo mai nel progetto sul set, e altri) all'oscuro fino a recitare una scena prima di dare loro alcune indicazioni, sperando che questo li spinga a decidere come interpretarla, trovando così maggiore verità nelle emozioni.
Ci sono anche giornate di riprese sorprendentemente brevi, con Jean-Luc Godard che si rifiuta di girare a meno che non abbia un'impennata d'ispirazione, a volte allontanandosi per giocare a flipper o oziare. Non sorprende che questo faccia impazzire il suo produttore Georges de Beauregard (Bruno Dreyfürst). Jean-Luc Godard disprezza anche l'ossessione per il mantenimento della continuità, sostenendo che sia irrilevante e rovini l'atmosfera di una giornata di riprese. In una sequenza in cui una donna si spoglia, suggerisce saggiamente che lasciare la nudità all'immaginazione sia più efficace. È anche, semplicemente, la storia di un regista rivoluzionario che infrange le leggi della narrazione, e su questo fronte è facile apprezzarlo anche senza aver visto Fino all'ultimo respiro.
Nella consueta maniera di Richard Linklater, questo è uno sguardo libero e leggero sulle disfunzioni emerse durante la creazione di un classico cinematografico. Non si può nemmeno negare che l'impatto dipenda molto dalla conoscenza e dall'apprezzamento di Fino all'ultimo respiro, di quell'epoca del fare cinema e dei numerosi cameo dei suoi artisti iconici (io ho esultato quando Agnes Varda è apparsa sullo schermo per qualche secondo), soprattutto alla luce di una delle rivelazioni finali sul perché Jean-Luc Godard trattenga così tante indicazioni di dialogo per Jean Seberg. Soprattutto, Nouvelle Vague è un modo radicalmente caotico e umoristico di cogliere la genialità cinematografica.
Valutazione Flickering Myth – Film: ★ ★ ★ / Movie: ★ ★ ★ ★
Robert Kojder
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