8 imperdibili film neo-noir degli anni '90 che potresti esserti perso
Con la fine di Noirvember, Casey Chong presenta una selezione di neo-noir sottovalutati degli anni ’90…
L’era degli anni ’90 ha visto una serie di neo-noir notevoli, dallo stile audace e da striscia a fumetti di Dick Tracy (1990) al crudo Bad Lieutenant (1992) di Abel Ferrara e, naturalmente, all’Oscar-winning L.A. Confidential (1997). Ma lo stesso decennio ha prodotto anche altri neo-noir che sono stati in parte dimenticati o praticamente ignorati al momento delle loro uscite. Qui abbiamo quindi compilato otto neo-noir sottovalutati degli anni ’90 che meritano di essere visti…
Sand Trap (1997)
Questo thriller neo-noir poco visto segna l’esordio alla regia di Harris Done, che ha anche co-scritto la sceneggiatura con Jerry Rapp. La premessa riecheggia il thriller Inferno (1953) di Roy Ward Baker, in cui il protagonista viene lasciato a morire nel deserto dalla moglie e dal suo amante. Girata con un basso budget, la produzione appare comunque ben realizzata, come se fosse costata il doppio, e dato che Done ha iniziato come direttore della fotografia sa bene come catturare il caldo opprimente dello sfondo del deserto del Mojave.
Nonostante abbia ingaggiato attori poco noti, i tre attori principali – David John James, Elizabeth Morehead e Brad Koepenick – svolgono ottimi ruoli; Morehead brilla in particolare nel ruolo della moglie femme fatale calcolatrice e fredda del personaggio timido uomo d’affari di David John James, che vuole morto a ogni costo. Ciò che rende Sand Trap irresistibile è il modo in cui Done abbraccia generi mischiati e incrociati — trope dell’erotic-thriller squallido, commedia nera e umorismo surreale entro le cornici neo-noir — generando abbastanza divertimento durante i serrati 100 minuti del film.
Kiss or Kill (1997)
Un neo-noir australiano in gran parte dimenticato con la allora relativamente esordiente Frances O’Connor, destinata a recitare in film come Mansfield Park e A.I. Artificial Intelligence. Scrittore-regista Bill Bennett affronta il cliché degli amanti fuorilegge in fuga (O’Connor e Matt Day) girandolo in stile documentaristico e pieno di improvvisazione. Ciò è particolarmente vero poiché Bennett privilegia un modo di dirigere spontaneo, che offre agli attori, inclusi O’Connor e Day, ampio spazio per improvvisare gran parte dei loro dialoghi. La tecnica di ripresa run-and-gun funziona bene, con frequenti tagli bruschi e una notevole assenza di colonna sonora che rispecchia la natura caotica dei personaggi di O’Connor e Day tramutatisi in fuggitivi dopo una truffa finita male.
Kiss or Kill sfrutta anche la sua struttura da road movie, che in questo caso si svolge attraverso l’Outback australiano, pieno di momenti in cui gli amanti fuorilegge incontrano personaggi secondari eclettici lungo il percorso. O’Connor e Day sono il cuore e l’anima del film, evidenti nella dinamica della loro chimica amore-odio, mentre Chris Haywood e Andrew S. Gilbert apportano un umorismo impassibile eccezionale nei panni dei detective di polizia sulle loro tracce.
Phoenix (1998)
Il fiasco a grande budget di Judge Dredd con Sylvester Stallone ha portato Danny Cannon a tornare a una produzione di scala più ridotta, simile al suo esordio del 1993 in The Young Americans. Il suo film post-Judge Dredd è un crime drama neo-noir che vede Ray Liotta fare ciò che sa fare meglio: interpretare il duro con il suo sguardo azzurro penetrante. Uno del tipo con cui non conviene avere a che fare. Qui è un poliziotto corrotto, anche giocatore d’azzardo compulsivo e fortemente superstizioso, che si ritrova nei guai a causa di un enorme debito di gioco.
Liotta è sostenuto da un cast di supporto stellare, dal ruolo viscido di Anthony LaPaglia fino al perfido boss della criminalità interpretato da Tom Noonan. Phoenix non reinventa il genere, con temi familiari di crimine, omicidio, corruzione e tradimento tutti intatti. Eppure la direzione sicura di Cannon parla da sé e i dialoghi sono pieni di battute e riferimenti alla cultura pop in stile Tarantino (la critica al film King Kong viene subito in mente).
After Dark, My Sweet (1990)
C’era una volta James Foley che faceva buoni film, prima di ripiegare su titoli tiepidi e deludenti come Fifty Shades Darker e Fifty Shades Freed. Ritornando ai primi anni ’90, ha diretto After Dark, My Sweet – un neo-noir slow-burn deliberato basato sul romanzo omonimo di Jim Thompson del 1955. Peccato che il film non riuscì a entrare in sintonia con il pubblico al momento dell’uscita, incassando solo un misero 2,7 milioni di dollari contro un budget di 6 milioni.
In larga parte sottovalutato e meritevole di una seconda possibilità, l’esplorazione di Foley di individui vuoti e antipatici – l’ex pugile mentalmente disturbato Collie interpretato da Jason Patric, l’alcolizzata Fay di Rachel Ward e lo zio macchinatore Bud di Bruce Dern – scava nella disperazione di questi personaggi che cercano di cambiare la loro sorte (il film comprende anche un rapimento di un bambino). C’è un senso di alienazione visiva che riflette perfettamente l’esistenza solitaria dei tre personaggi principali, accompagnato dall’umore pessimista che si stratifica lungo il film per culminare in un finale malinconico e desolato come il deserto californiano arso dal sole.
A Kiss Before Dying (1991)
Remake del film del 1956 a sua volta tratto dal romanzo di Ira Levin del 1953, A Kiss Before Dying si apre con uno choc: un apparente suicidio che pone fine alla vita della figlia bionda di un milionario (Max von Sydow), interpretata da Sean Young. Qui il quarto film da regista e sceneggiatore di James Dearden non esita a rappresentare la natura cruda della morte del personaggio con un senso volutamente maximalista delle immagini.
Sean Young interpreta un doppio ruolo: ricompare come la sorella gemella ignara che si innamora di Jonathan Corliss, il ciarlatano interpretato da Matt Dillon. Dearden svolge un buon lavoro nell’esplorare il lato implacabilmente oscuro della natura umana all’interno dei trope neo-noir del film, evidente nella personalità troppo-affabile di Matt Dillon che manifesta la malvagità vile di un giovane ambizioso che tiene più al potere e alla ricchezza.
Revenge (1990)
Revenge sembra un’eccezione per Tony Scott, il cui stile registico tende spesso verso immagini più slick e stilizzate, come si vede in Top Gun, Beverly Hills Cop II e Days of Thunder. Ma questo thriller romantico neo-noir, che vede Kevin Costner nel ruolo di un pilota della Marina statunitense in pensione che si innamora della sensuale giovane moglie di un suo ricco amico (Anthony Quinn) interpretata da Madeleine Stowe, mostra un lato diverso di Scott – uno dalla ritmica più lenta che enfatizza il romance proibito tra Costner e Stowe piuttosto che soddisfare le sensazionali scene d’azione del titolo.
Anche quando la vendetta avviene, non è il tipo di thriller tutto fuoco e fiamme. La violenza è presente ma in modo sporadico e Scott ha il talento di visualizzare il dolore fisico che un personaggio subisce, come nella scena in cui il personaggio di Costner viene massacrato e lasciato a morire nel deserto. Con Jeffrey L. Kimball come direttore della fotografia, già alle prese con Top Gun e Beverly Hills Cop II, il film coglie con successo il calore rovente del paesaggio messicano. Il film beneficia anche della chimica infuocata tra Costner e Stowe, che Kimball riesce a immortalare nelle scene più sensuali della loro relazione.
One False Move (1992)
One False Move di Carl Franklin passò inosservato al momento della sua uscita nel 1992 ma è stato poi rivalutato come una gemma sottovalutata del thriller neo-noir. Il film è notevole per l’interpretazione poliedrica di Bill Paxton, facilmente una delle migliori della sua ricca carriera prima della sua morte nel 2017.
Nei panni del piccolo sceriffo di Star City, Arkansas, Dale “Hurricane” Dixon, che vuole fare bella figura cooperando con due detective della LAPD (Earl Billings, Jim Metzler), Paxton è inizialmente dipinto come un tutore della legge dall’atteggiamento rilassato. Ma la regia stratificata di Franklin rivela presto maggiore profondità man mano che la storia procede, in particolare sul passato di Dale che conduce a un punto di svolta nell’arco del suo personaggio. Il film presenta anche memorabili ruoli di supporto di Billy Bob Thornton, Michael Beach e Cynda Williams nei panni di tre criminali feroci ricercati per molteplici omicidi.
A Simple Plan (1998)
Bill Paxton ritrova il suo co-protagonista di One False Move, Billy Bob Thornton, nel neo-noir sottovalutato di Sam Raimi, A Simple Plan, che segna anche la deviazione del regista dal suo consueto repertorio horror. Invece di interpretare personaggi su entrambi i lati della legge, Paxton e Thornton sono qui fratelli che trovano il tesoro insieme al loro amico (Brent Briscoe) dopo aver scoperto una grande somma di denaro dentro i resti di un aereo.
Sottolineando il vecchio adagio “il denaro è la radice di tutti i mali”, Raimi e lo sceneggiatore Scott B. Smith scavano profondamente nel lato oscuro della natura umana quando l’avidità consumà una persona dall’interno. Sia Paxton che Thornton offrono interpretazioni particolarmente incisive, mentre la regia corposa di Raimi dimostra che può fare molto più del semplice cinema di genere. Peccato che il botteghino dica il contrario: al momento dell’uscita nel 1998 il film incassò deludenti 16,3 milioni di dollari contro un budget di 17 milioni.
VEDI ANCHE: 10 Essential 21st Century Neo-Noirs for Noirvember
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Casey Chong
Pubblicato originariamente il 28 novembre 2025. Aggiornato il 29 novembre 2025.
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