Recensione da Venezia: «Marc» di Sofia è un ritratto documentario piacevole ma privo di intimità

Recensione da Venezia: «Marc» di Sofia è un ritratto documentario piacevole ma privo di intimità

      Sofia Coppola, Marc Jacobs e trent'anni d'amicizia tra loro: questa triade era abbastanza promettente da spingere A24 a lanciarsi nel progetto e da far sì che la Mostra del Cinema di Venezia ne ospitasse l'anteprima mondiale (fuori concorso). Dove, se non in Italia, un grande regista presenta per la prima volta il suo documentario sulla moda? Luca Guadagnino lo fece (Salvatore, Shoemaker of Dreams), ben sapendo che sarebbe andato subito in streaming dopo. Eppure il sottogenere dei ritratti documentaristici sulla moda ha una sua onestà, indossando la sua struttura formulaica, i talking heads e un montaggio a supercut frenetico che si adegua a un ritmo prevedibile e vivace. Fama, bellezza, un'industria spietata dove si può essere o grandi o soltanto bravi: sono tutti tropi che vendono, ma quando Sofia Coppola realizza un film del genere sullo stilista Marc Jacobs e la sua collezione Autunno/Inverno 2024/25, dovrebbe essere molto più di una commissione ben calcolata.

      Ci si aspetterebbe una pletora di ricordi condivisi raccontati con l'intimità di uno scherzo tra di loro, risate; forse anche domande personali più dure per dipingere il ritratto unico di Jacobs che solo chi lo conosce a fondo saprebbe delineare. Se quella persona è una regista con la sensibilità di Coppola, ci si aspetterebbe qualche guizzo malinconico che colora ogni suo progetto. Ma è Marc Jacobs a portare il guizzo malinconico in persona, mentre Coppola sembra più a suo agio nel ruolo di intervistatrice che stimola pochissimo, sapendo che il suo intervistato non ne ha bisogno.

      Nel film sentiamo solo alcuni stimoli e domande di Coppola, ma è difficile credere che Jacobs non sia stato indirizzato a parlare del cinema e dei film come fonti d'ispirazione. Quando parla di Bob Fosse, Barbara Streisand, Hello Dolly o Le amare lacrime di Petra von Kant, si mostra genuinamente entusiasta, ma è meno preciso nel dire cosa lo ispiri esattamente di questi film rispetto, per esempio, a quando menziona lavori fotografici, musica o arti visive. Senza una logica di fondo adeguata, l'argomento del cinema evoca un "Quattro preferiti con Marc Jacobs" (Letterboxd: prendete appunti!) invece di, per esempio, discutere dell'esperienza dello stilista come attore nel lungometraggio del 2012 Disconnect accanto a Andrea Riseborough e Alexander Skarsgard. Sarebbe stato almeno un po' intrigante vedere cosa ha da dire, sotto i riflettori, un designer le cui sfilate sono famose per essere avanguardiste, concettuali e cinematografiche, sull'essere in un set dove qualcun altro stabilisce le regole — certamente anche Coppola avrebbe qualcosa da dire sul fatto di essere regista.

      Dal punto di vista narrativo, il documentario di Coppola avrebbe potuto permettersi di scuotere la rigida struttura del "racconto di vita in vista della Fashion Week" e scegliere un quadro diverso per raccontare la storia di Marc Jacobs — il mito, il visionario guidato dalle scadenze che teme l'inizio di ogni compito, l'uomo che si è fatto da sé. Marc by Sofia — soprattutto quando osserva Jacobs nel suo habitat naturale (quattro settimane prima di una sfilata) mentre espira una modesta nuvola di vapore da svapo — è in realtà un'esperienza visiva così piacevole da dare l'impressione che potresti persino andare d'accordo con lui. Un documentario gradevole con tecnicamente zero dramma (e, notevolmente, senza altri intervistati) che ritrae un'icona laboriosa dall'estetica da strada e un'influenza radicale sull'alta moda: dov'è il trucco? Si potrebbe sostenere che non ce n'è, ma è difficile dire se la morbidezza del film sia il risultato di un atteggiamento amichevole, o se il tocco autoriale di Coppola sia troppo lieve.

      Marc by Sofia ha debuttato alla Mostra del Cinema di Venezia 2025.

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