
8 film di fantascienza cult del 1985 da non perdere
Casey Chong analizza otto film di fantascienza cult essenziali del 1985….
Il 1985 è stato un grande anno per un certo film di fantascienza chiamato Back to the Future, che ha incassato oltre 210 milioni di dollari solo negli Stati Uniti. Il capolavoro sul viaggio nel tempo di Robert Zemeckis, che ha definito il genere, rimane ancora oggi un’icona cinematografica. Tuttavia, quell’anno ha visto anche l’uscita di una manciata di altri film di fantascienza, alcuni dei quali sono diventati dei successi (Cocoon) e altri, come Enemy Mine ed Explorers, che all’epoca furono in gran parte ignorati dal pubblico. Di seguito la nostra selezione dei film di fantascienza essenziali usciti nel 1985 oltre a Back to the Future…
Re-Animator
Sicuramente non adatto agli impressionabili, Stuart Gordon dà il massimo in nome dell’horror lovecraftiano con elementi di fantascienza in Re-Animator. Il film ci offre l’unico e inimitabile Jeffrey Combs nel suo ruolo iconico e squilibrato di Herbert West, lo studente di medicina folle determinato a compiere una svolta scientifica per riportare i morti in vita con il suo siero sperimentale.
La regia esperta di Gordon punta tutto sull’abbracciare il vibe da B-movie in cui tutto è permesso, un horror fantascientifico intriso di una commedia nerissima. È esageratamente sanguinoso e splatter e un traguardo tecnico negli effetti pratici che non perde tempo in eccessi inutili, grazie al ritmo complessivo sicuro. Il successo cult di Re-Animator generò altri due film, tra cui Bride of Re-Animator e Beyond Re-Animator.
Brazil
Il capolavoro di fantascienza frainteso di Terry Gilliam non riuscì ad attirare un grande pubblico al momento della sua uscita, ma è stato poi acclamato come uno dei migliori del suo genere. Gilliam, che ha anche co-scritto la sceneggiatura, porta la sua visione unica di un futuro distopico pieno di incubi burocratici e dell’assurdità capovolta di un sfortunato impiegato governativo di basso rango, interpretato dal simpatico Jonathan Pryce, diviso fra sogni a occhi aperti e la banale realtà.
Oltre alla stupefacente tavolozza visiva di Gilliam e al suo umorismo stravagante che diventerà uno dei tratti distintivi del regista, c’è una profondità narrativa distinta che deve molto ai temi orwelliani che ruotano attorno al totalitarismo e all’oppressione all’interno del sistema sociale e politico del mondo di Brazil. La durata mastodontica del film, di quasi due ore e mezza, può scoraggiare alcuni spettatori, ma la regia stratificata di Gilliam, tra lo spingere l’immaginazione e il proporre sottili commenti, è un’esperienza cinematografica unica che vale la pena di vedere.
Enemy Mine
Il compianto Wolfgang Petersen ci ha dato alcune delle sue opere più iconiche, da Das Boot a In the Line of Fire e Air Force One. C’è poi l’ingiustamente sottovalutato Enemy Mine, uscito un anno dopo il grande successo di The NeverEnding Story. Enemy Mine fu tormentato da problemi dietro le quinte, incluso il regista originale Richard Loncraine, che aveva già girato alcune scene ma venne poi licenziato prima che Petersen prendesse in mano il progetto. Piuttosto che utilizzare il materiale già girato da Loncraine, Petersen decise di rifare tutto da capo.
Nonostante i suoi sforzi, Enemy Mine andò male al botteghino, ma il film merita di più: Petersen, lavorando dalla sceneggiatura adattata di Edward Khmara dal romanzo breve di Barry B. Longyear, combina in modo efficace temi di armonia e unità, superamento dei pregiudizi ed empatia universale in questo thriller di fantascienza. Sostanzialmente un film a due per la maggior parte della durata, nel conflitto tra il pilota umano Willis Davidge (Dennis Quaid) e l’umanoide rettiliano Drac Jeriba Shigan (Louis Gossett Jr., irriconoscibile sotto la protesi), Petersen riesce a tirare fuori il meglio da questi due attori. La dinamica disomogenea tra i due personaggi è ciò che eleva Enemy Mine da una semplice storia di sopravvivenza fantascientifica.
The Quiet Earth
Questa importazione dalla Nuova Zelanda esplora lo scenario ipotetico di come sarebbe il mondo dopo che una catastrofe globale ha spazzato via quasi tutta l’umanità. Diretto da Geoff Murphy, che poi avrebbe guidato produzioni hollywoodiane come Young Guns II, Freejack e Under Siege 2: Dark Territory, il film si apre con un momento che cattura l’attenzione: un uomo (Bruno Lawrence) si risveglia in una stanza una mattina per scoprire di essere completamente solo in città. I primi 35 minuti circa si addentrano nel personaggio solitario di Lawrence, che interpreta Zac Hobson, il quale cerca di passare il tempo tenendosi occupato (a un certo punto si sente a suo agio indossando un vestito femminile). Il monologo di Lawrence è un’interpretazione di alto livello in cui cattura con successo i sentimenti contrastanti di isolamento, frustrazione e auto-gioia.
The Quiet Earth introduce poi altri due personaggi: una giovane donna di nome Joanne (Alison Routledge) e più tardi un uomo maori di nome Api, interpretato da Pete Smith. Tratto dal romanzo omonimo di Craig Harrison del 1981, il film mette inoltre in risalto temi aggiuntivi come gli istinti umani, la fiducia e la tensione razziale tra Zac e Api prima che la storia culmini in un finale surreale, pur ambiguo.
Cocoon
Credeteci o no, Robert Zemeckis avrebbe inizialmente dovuto dirigere Cocoon, ma i dirigenti della Fox si tirarono indietro dopo le loro reazioni negative al primo montaggio di Romancing the Stone (che comunque sarebbe diventato un successo). Al suo posto subentrò Ron Howard, il cui ultimo film Splash aveva registrato ottimi incassi, e la regia misurata di Howard si rivelò la scelta giusta per trasformare la sceneggiatura di Tom Benedek, su un gruppo di anziani in una casa di riposo che scopre una piscina simile alla Fontana della Giovinezza con enormi bozzoli simili a rocce sul fondo, in una toccante favola di fantascienza.
I temi riflessivi dell’invecchiamento e della giovinezza ritrovata, insieme ai soggetti universali della vita e della morte, sono esplorati con sensibilità attraverso gli occhi di questi anziani interpretati da Don Ameche, Wilford Brimley e Hume Cronyn. Il casting di questa generazione di attori non è mera nostalgia: Howard riesce a tirarne fuori il meglio. Gli effetti speciali, in particolare gli esseri alieni luminosi, possono sembrare oggi datati, ma è difficile negare il fascino positivo sottostante della rappresentazione delle creature ultraterrene. Cocoon fu uno dei grandi successi di quell’anno e tre anni dopo seguì un sequel, sfortunatamente inferiore e senza Ron Howard, intitolato Cocoon: The Return.
The Stuff
Il titolo si riferisce a una misteriosa sostanza bianca dalla consistenza simile alla schiuma da barba, dal sapore dolce e contagioso. Questa sostanza diventa in breve tempo un fenomeno: un dessert imperdibile di cui l’America non riesce a fare a meno. Lo sceneggiatore-regista Larry Cohen abbraccia l’assurdità sopra le righe del suo bizzarro presupposto, satirizzando il tema pertinente del consumismo e di come un prodotto impossibile da ignorare possa dettare o influenzare molte persone, giovani e vecchie.
La sostanza non solo fa bramare sempre di più chi la consuma, ma controlla anche le loro menti e appetiti e arriva persino a uccidere quando necessario. Pensatela come una parte della massa bianca e appiccicosa simile a quella che viene dall’Uomo Marshmallow Stay Puft, capace di soffocare la sua vittima o persino di esplodere dalla bocca di qualcuno. Il film beneficia di un’interpretazione energica guidata da Michael Moriarty nel ruolo dell’ex agente FBI scettico diventato sabotatore industriale che indaga sull’origine della mucillagine eponima.
Lifeforce
Si può lasciare a Tobe Hooper il merito di qualcosa di strano, losco e grottesco come Lifeforce, che combina l’horror fantascientifico sul vampirismo — i cosiddetti vampiri spaziali — in un’atmosfera da B-movie senza complessi. In Lifeforce non si sottrae a un’ampia esposizione di sesso e nudità, grazie alla frequentemente nuda Mathilda May nel ruolo dell’aliena in un corpo umano.
La regia sopra le righe e volgare potrebbe aver allontanato il grande pubblico, che si aspettava un’esecuzione più tradizionale, soprattutto considerando l’uscita estiva da blockbuster del film. Ma i fan del genere che sono pronti a squallore senza freni e a scene splatter troveranno molto da apprezzare, soprattutto nella seconda metà, che si concentra sull’infezione vampirica apocalittica che si estende su tutta Londra.
VEDI ANCHE: Lifeforce: A Movie Only Cannon Could Have Made
Explorers
Il film successivo di Joe Dante al suo fortunatissimo Gremlins vede il regista esplorare una fantasia fantascientifica in stile Amblin con i debutti cinematografici dei neoarrivati Ethan Hawke e River Phoenix. Explorers affronta i temi familiari della realizzazione dei desideri e del puntare alle stelle — sia letteralmente sia figurativamente — raccontando le (dis)avventure di tre ragazzi preadolescenti (il terzo interpretato da Jason Presson) che costruiscono una navicella spaziale casalinga usando materiali di recupero, con l’aiuto delle capacità di programmazione del giovane genio interpretato da Phoenix.
La prima metà presenta un promettente sviluppo, dall’introduzione dei tre personaggi all’incipit dell’avventura spaziale nel quartiere. Sia Hawke sia Phoenix appaiono come stelle nascenti, mostrandoci un assaggio della loro precoce abilità recitativa che avrebbe forgiato le loro carriere. Tuttavia, il film inciampa quando la storia si sposta nello spazio e l’introduzione degli alieni sfacciati non è esattamente il tipo di ricompensa che la maggior parte del pubblico sperava. Ma nonostante le lacune, Explorers risuona molto nel rappresentare il punto di vista dei ragazzi e la pura immaginazione nell’osare sognare in grande.
Quali sono i vostri film di fantascienza preferiti del 1985? Ci siamo persi qualcosa di questa lista? Fatecelo sapere sui nostri canali social @FlickeringMyth…
Casey Chong









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