Recensione del film – Anaconda (2025)
Anaconda, 2025.
Regia di Tom Gormican.
Con Paul Rudd, Jack Black, Daniela Melchior, Thandiwe Newton, Steve Zahn, Ione Skye, Selton Mello, Jack Waters, Sebastian Sero, Aimee Bah, Romeo Ellard, Reagan George, Ben Lawson e Diego Arnary.
SINOSSI:
Un gruppo di amici attraversa una crisi di mezza età. Decidono di rifare un film preferito della loro giovinezza, ma incontrano eventi inaspettati quando entrano nella giungla.
Hollywood è creativamente in bancarotta, come un personaggio riconosce direttamente nell’Anaconda scritto e diretto da Tom Gormican. E sebbene il titolo sia chiaramente preso in prestito dal franchise Sony che è diventato un guilty pleasure per alcuni con il suo primo capitolo del 1997, interpretato da Jennifer Lopez e Ice Cube, c’è una certa esitazione a usare il termine «remake». Per chi segue da vicino il cinema, il coinvolgimento di Tom Gormican (che in precedenza ha diretto il veicolo meta con Nicolas Cage The Unbearable Weight of Massive Talent) potrebbe aver fatto sorgere sospetti che ci fosse qualcosa sotto prima che uscisse il trailer buffo, che ha svelato il gioco. Era solo questione di tempo prima che Hollywood iniziasse a parodiare la propria mancanza di immaginazione e ossessione per reboot/sequel di legacy.
Se si è arrivati a questo, rifare Anaconda, allora è quantomeno leggermente divertente che Sony abbia deciso di usare la proprietà intellettuale come pretesto per prendere in giro l’industria mentre un gruppo di amici (interpretati da Jack Black, Paul Rudd, Thandiwe Newton e Steve Zahn) decide di rifare il loro film preferito. Ammettiamolo, il film è anche una scelta un po’ geniale per questo concetto; non è così amato da sembrare sacrilego, e ha quel minimo seguito di culto che lo rende credibilmente il film preferito di qualcuno. C’è poi anche la sovversione di trasformare ciò che era horror in una commedia, fondendo inevitabilmente i due generi quando le cose vanno storte.
Dalle battute sulla sceneggiatura che prendono di mira l’attuale fastidiosa fascinazione dell’industria per i temi del trauma intergenerazionale (o la convinzione che ogni singolo film debba «parlare di qualcosa») fino a recitazioni volutamente scadenti sul set e frecciatine a metodi non ortodossi per entrare nel personaggio, non mancano spunti sul processo creativo. Tuttavia, qualcosa non funziona e risulta in gran parte poco divertente una volta che Tom Gormican (che scrive insieme a Kevin Etten) fa approdare questi amici in Amazzonia per rifare il film, cosa motivata da una serie di ragioni che vanno da vite insoddisfacenti al desiderio di riconnettersi e ritrovare la giovinezza, avendo da bambini realizzato film di mostri fatti in casa.
Doug McAllister di Jack Black è consapevole di essersi ritagliato una discreta esistenza facendo video di matrimoni per coppie, sebbene questo non gli taciti la voglia di horror. Al suo compleanno, il migliore amico Ronald «Griff» Griffen Jr. (Paul Rudd) torna da Los Angeles, dove è stato recentemente licenziato da un ruolo minore in una serie TV di bassa qualità, anche lui frustrato dalla carriera. È allora che rivela a Doug e agli altri amici, la povera Claire senza direzione (Thandiwe Newton) e il videografo Trent in lotta con la sobrietà (Steve Zahn), di essere entrato in possesso dei diritti del franchise di Anaconda. È il momento di inseguire i loro sogni, e il serpente è una metafora degli ostacoli sulla loro strada.
Il primo segnale preoccupante che i cineasti potrebbero non riuscire a farcela è la rapidità con cui parte un montaggio appena il gruppo di amici si mette in contatto con un eccentrico addestratore di serpenti (Selton Mello) e una guida di barca (Daniela Melchior, che nel prologo si rivela interpretare un personaggio con altri scopi). Non è che manchino gag nel vedere questa troupe fai-da-te al lavoro, ma alcune vacillano, senza suscitare reazioni (una lunga conversazione su come fare correttamente una testata non funziona). Griff e Claire, che avevano avuto una storia in passato, cominciano a riaccendere quella fiamma mentre girano le loro scene (lui interpreta l’eroe), ma non è né romantico né divertente. Forse peggio, non sono nemmeno sicuro che i realizzatori sappiano cosa dovrebbe essere.
L’energia frenetica è trattenuta fino al terzo atto, che porta con sé anche un colpo di scena abbastanza intelligente. Tuttavia, è anche uno che per lo più sminuisce il concetto stesso del film. Tuttavia, una volta che il pericolo scatta e, come dice un personaggio, si ritrovano in Anaconda sul serio, la fusione di umorismo meta e brividi si eleva in uno scenario più adeguatamente assurdo che, per lo più, risulta abbastanza divertente.
A metà strada tra idea originale, remake e sequel «legacy», Anaconda è sotto certi aspetti una boccata d’aria fresca, anche se potrebbe essere solo questione di tempo prima che anche Hollywood consumi fino all’osso questo concetto. È difficile definirlo un buon film in senso assoluto, ma almeno prova qualcosa di diverso, anche se non sempre ci riesce.
Valutazione di Flickering Myth – Film: ★ ★ ★ / Movie: ★ ★ ★
Robert Kojder
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