
Wild Diamond Review: Il debutto brillante, ma priva l'iper-femminilità del suo nucleo sensuale
Nota: Questa recensione è stata pubblicata originariamente come parte della nostra copertura del Cannes 2024. Wild Diamond uscirà nelle sale il 11 luglio.
Dal suo lungometraggio d’esordio, la regista francese Agathe Riedinger desidera raccontare in modo scintillante ma ancora realistico il rapporto complesso tra giovinezza e fama. Wild Diamond è il primo film in concorso ufficiale a Cannes di quest’anno e se lo merita, anche per aver inserito una battuta acuta sulla protagonista, potenzialmente futura attrice di un film del festival di Croisette. Riedinger conosce ormai molto bene la protagonista, avendo realizzato Waiting for Jupiter nel 2017, un cortometraggio in cui presentava Liane, una giovane ragazza del Sud della Francia che sogna di diventare una star di reality TV. Sette anni dopo, Wild Diamond offre il palcoscenico per uno studio più approfondito del personaggio, con una Malou Khebizi molto dedicata nel ruolo principale.
Fin dalla sequenza d’apertura, Liane è al centro dell’attenzione: la vediamo ondeggiare intorno a un palo della luce in un’ampia inquadratura. È tutto immerso nel buio, ma le sue scarpe con piattaforma e tacco alto ancora luccicano mentre gira su se stessa; in vista non c’è pubblico. Questa scena caratterizza Liane come una ragazza ambiziosa, autosufficiente, 19enne, i cui timori quasi mai emergono dal suo look accurato con trucco lucido e passo sicuro (gli stivaletti stilettos sono un must). Khebizi, all’esordio come attrice, offre una performance quasi perfetta, usando i pochi dialoghi e i gesti altamente stilizzati per far sembrare Liane quasi intoccabile. Se solo la sceneggiatura potesse essere all’altezza del livello di complessità raggiunto dal suo primo ruolo.
Wild Diamond si rivela una meraviglia da ammirare nella cinematografia con tecnologia handheld, ricca di textures, di Noé Bach (che ha anche girato l’anno scorso Little Girl Blue di Mona Achache), e nel design di produzione di Astrid Tonnellier, collaboratrice di Betrand Mandico; insieme si assicurano che il film brilli come un diamante grezzo. La vita di paese è dura per Liane: vivere nel porto di Fréjus significa attraversare boschi e strade sterrate, tra la casa della madre e il centro commerciale (il suo occasionale hobby di taccheggio). A casa, Liane si prende cura della sorellina ed è in perpetuo conflitto con la madre, che, come si scopre, aveva insistito affinché la figlia maggiore fosse affidata a un tutore perché “impossibile”. Nonostante la ragazza non parli apertamente del trauma dell’abbandono, questo si manifesta nel suo comportamento testardo e aggressivo verso chiunque ostruisca il suo cammino verso una vita migliore. E una vita migliore equivale a vivere lontano da casa—fino a quando un provino per un reality show non le offre una possibilità ancora più grande.
Si potrebbe soffermarsi sulla fascinazione di Liane per la TV reality—Riedinger ne è stata esplicita—ma creare un personaggio coinvolgente basato sul desiderio di fuga (sia virtuale, come influencer TikTok, sia fisica, per trasferirsi) richiede più di un semplice impulso narrativo. Anche con il potenziale apparentemente infinito di Khebizi nel esprimere le tensioni inespresse che bruciano in Liane, la sceneggiatura di Riedinger finisce per seppellire tutto sotto strati di mesh, fondotinta e glitter. Ritrarre il personaggio principale come qualcuno che non solo è impegnato nel suo presente e futuro da influencer—per essere bella, essere percepita come tale—è solo il primo passo. Sì, vediamo Liane vestirsi, spogliarsi, perfino tatuarsi con ago e inchiostro, ma le unghie acriliche gioiello sono appena un assaggio di quello che lei realmente è.
Il film si rivela incapace di gestire le ambivalenze della protagonista, affidandosi a Dino (Idir Azougli), un vecchio amico dell’orfanotrofio che ora dichiara il suo amore per Liane. Non c’è niente di male in un marginato di buon cuore capace di amore puro (è l’unico uomo del film che non desidera lei solo per il suo aspetto), ma quando vediamo l’interesse amoroso accumulare molti più punti rispetto alle flamanti e avidamente famose amiche, diventa naturale nutrire qualche sospetto. Non molto tempo dopo, Dino (come gli altri) fa un passo verso Liane e si infastidisce per la sua stoicità. In quel momento si comprende che c’è un’altra questione che incombe su questa protagonista, e non è lo sguardo maschile.
Mentre Wild Diamond è abbastanza consapevole e posizionato sulla soggettività femminile e affronta la misoginia legata alla sessualizzazione delle giovani donne (indipendentemente dal fatto che abbiano subìto chirurgia plastica e indossino minigonne o meno), si rivela sorprendentemente conservatore rispetto alla sensualità. Esiste uno stereotipo delle donne “moralizzate” (la cosiddetta “bimbofication” della femminilità) che le allontana pericolosamente dalla propria sensualità. In questo scenario, unghie finte, extension di capelli e protesi al sedere e al seno sono percepite come barriere al contatto fisico. Questa logica intrappola l’estetica femminile come quella di Liane in un cliché da “donna- bambola”, rifiutando qualsiasi possibilità di rivendicare quell’estetica non solo come sensuale, ma anche erotica e realmente liberatoria.
Wild Diamond è stato presentato in anteprima al Festival di Cannes 2024.
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Nota: Questa recensione è stata originariamente pubblicata come parte della nostra copertura del Festival di Cannes 2024. Wild Diamond uscirà nelle sale il 11 luglio. Dal suo primo lungometraggio, la regista francese Agathe Riedinger desidera un racconto scintillante ma ancora realistico del rapporto complicato tra gioventù e fama. Wild Diamond è il primo film a essere proiettato al festival di Cannes di quest'anno.