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Eden (2025) - Recensione del film
Eden, 2025.
Diretto da Ron Howard.
Con Sydney Sweeney, Jude Law, Daniel Brühl, Vanessa Kirby, Ana de Armas, Felix Kammerer, Toby Wallace, Jonathan Tittel, Ignacio Gasparini, Richard Roxburgh, Paul Gleeson, Thiago Moraes, Nicholas Denton, Tim Ross, Antonio Alvarez e Benjamín Gorroño.
SINTESI:
Basato su un resoconto reale di un gruppo di emarginati che si stabiliscono su un'isola remota solo per scoprire che la loro minaccia maggiore non è il clima brutale o la fauna mortale, ma gli uni gli altri.
Tratto da fatti reali, il stimato regista Ron Howard (in difficoltà ultimamente, soprattutto alla luce della qualità del suo ultimo film e delle conseguenze che ne sono derivate…) sembra incerto sul tono da adottare in Eden, uno sguardo a una lotta per il potere a Floreana, un'isola delle Galápagos, intorno alla Prima Guerra Mondiale.
Divisi in tre gruppi, tutti sono fuggiti dalla civiltà per un motivo o per l'altro; il dottor Friedrich Ritter (Jude Law) dedica il suo tempo a un manifesto per un nuovo, presunto modello di norme sociali più sensate e umane. È anche un ciarlatano che convince sua moglie, Dora Strauch (Vanessa Kirby), che questo esilio autoimposto gli darà la pace e il tempo necessari per concentrarsi sulla cura della sua sclerosi multipla. Le sue regole per una società più rispettabile comprendono tutto, dal vegetarianismo al solito sproloquio scontato sul dolore come ingrediente necessario per la crescita e la felicità.
Quel tranquillo isolamento viene interrotto innanzitutto dall'arrivo della famiglia Wittmer, che cerca di sfuggire alla guerra e alla povertà per vivere liberamente coltivando il proprio orto. Sydney Sweeney si cala perfettamente nel ruolo più tradizionalmente conservatore della moglie Margaret, attualmente incinta e in parte docile verso il marito, Heinz (Daniel Brühl), un uomo che aveva sposato non per amore ma per grave inesperienza, essendole stata chiesta la mano. Ciò non significa però che sia un ruolo noioso per Sydney Sweeney; anche se a volte non è del tutto convincente nell'aspetto (ci sono momenti in cui, anche nei costumi d'epoca, somiglia a una donna contemporanea) e nell'accento, la parte finale le offre ampia occasione per mostrare che, pur essendo spesso quieta e passiva, il suo personaggio possiede grande intelligenza ed è capace di prendere decisioni rischiose sotto pressione.
Poco dopo che il dottor Ritter li sistema apposta su un terreno che ritiene renderebbe impossibile coltivare e li spingerebbe a andarsene in poche settimane, compare inaspettatamente una baronessa viziata e civettuola (Ana de Armas) accompagnata da un paio di giovani e affascinanti yes-man (Jonathan Tittel e Felix Kammerer, noto per All Quiet on the Western Front) per fare di tutto: farla sentire importante, cucinare le sue scatolette, rubarne altre (in qualche modo lei stupidamente presume che quanto ha portato basterebbe per tutta la vita ed è troppo viziata per mangiare prodotti coltivati sull'isola), concedersi a rapporti sessuali e, ultimo ma non meno importante, farsi strada con manipolazioni per prendere il controllo dell'isola poiché intende costruire un lussuoso hotel riservato esclusivamente ai ricchi.
Al dottor Ritter non importa nulla di queste persone; è pronto a metterle in circostanze sfortunate, mettendole l'una contro l'altra. La beffa è che queste persone sono o più adatte a questo stile di vita o più competenti di lui e di sua moglie, cosa che lo porta a iniziare a infrangere le regole del suo manifesto. Ognuna di loro (soprattutto la baronessa) sa quali leve premere per suscitare la sua rabbia e le sue insicurezze.
Idea solida per un confronto psicologico a tre, l'approccio di Ron Howard (co-autore insieme a Noah Pink) è però un amalgama goffo di toni che non trova mai coesione. Qualsiasi scena che riguarda la baronessa è recitata in modo sopra le righe e in stile camp, in contrasto con i più seri tentativi di studio dei personaggi. Ana de Armas non è male qui, ma sembra in un film completamente diverso, uno che avrebbe potuto funzionare se quel tono fosse stato coerente in tutto il film. A rafforzare questa impressione c'è il fatto che, una volta che il suo personaggio esce dalla storia per ragioni che non sveleremo, la frattura drammatica tra gli altri due gruppi diventa improvvisamente avvincente, con uno strato di intrigo mortale e impulsi più oscuri. Con poco più di due ore, Eden è anche un film che beneficia di una tale durata, permettendo lunghe sequenze dedicate a ogni gruppo e lasciando ai personaggi spazio per respirare al di fuori del quadro generale.
Eden riserva un'ultima frustrazione quando iniziano i titoli di coda, sottolineando che esistono due prospettive diverse di questi resoconti fattuali. Come Ron Howard e Noah Pink siano giunti alla storia che raccontano qui è pura speculazione (presumibilmente cercando di trovare la verità nel mezzo), ma questa informazione suggerisce un approccio narrativamente più creativo e ambizioso alla vicenda. Ciò non garantisce che sarebbe stato migliore, ma, a parte la curiosità intrigante di vedere praticamente tutte le star femminili di Hollywood in un unico film cimentarsi in giochi mentali per la supremazia su un'isola, il film oscilla tra il secco e l'eccessivamente bizzarro, senza mai trovare una via di mezzo efficace fino a quando non è troppo tardi.
Valutazione Flickering Myth – Film: ★ ★ / Movie: ★ ★ ★
Robert Kojder
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